Il Rinoceronte

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The mirror of your dreams

Stranger Things non è un’opera eccelsa, non lo è mai stata. È una di quelle serie da guardare mentre si fa altro, da tenere su e, di tanto in tanto, guardare pigramente per cogliere un rimando dei nostri anni ottanta, esaltarsi, scriverlo su Facebook e poi tornare nella nostra bolla.
La terza stagione chiaramente di passaggio è lo stesso, come costruzione sembra la seconda, ma questo non è un male. Forse a differenza delle precedenti la qualità crea più picchi e baratri rispetto al sottile strato ben spalmato delle due estati precedenti.
Poi arriva una scena semplice come quella finale, una scena che non ha nemmeno il merito di quella pelle d’oca che ti viene, ma che comunque qualcuno ha pensato di mettere lì per te. Con Justin che canta il tema della Storia Infinita e Hopper che guarda tristemente in camera, rassegnato perchè il mondo è dei bambini.
Sono convinto che sia ancora così, non per forza dei bambini altri un metro, ma forse dei bambini che siamo stati. Capaci di emozionarsi per una facile scena del cenere o come il mio che ha visto chiaramente la sagoma di Falkor nel cielo dietro Justin, fateci caso.

Ci voglio credere, ed è un po’ questo quello che ci differenzia dagli adulti, da quelli che lo sono anche dentro, la voglia di credere. Non credere a una religione, ma di decidere di cogliere ogni occasione, che sia anche vedere una scena come quella de La Storia Infinita o il frammento di un libro, per credere in noi stessi.
Un segno che mi ha dato una spinta a fare qualche passo in avanti e non una semplice coincidenza.
Per questo ho deciso che Stranger Things è una occasione, è una coperta patchwork con i frammenti di quello che è stato e ciascun dettaglio ha il potenziale di una opportunità, per essere un migliore amico, un burbero difensore o anche solo per fermarsi e giocare a Dungeons And Dragons quando un fratello lo chiede.
Vedere opzioni dove gli altri vedono solo una storia, o peggio ancora, un fallimento.
Niente Da Dire è un po’ questo e so che ve lo dico sul filone di una serie Netflix di successo e contemporaneamente anche in un clima storico, non solo italiano, preoccupante. Ma credetemi quando vi dico che non siete soli, che ci sarà sempre qualcuno come me, come voi, che nei momenti più terribili si alzerà dicendo “giochiamo a Dungeons and Dragons?”

Che nei momenti più impensabili canterà il tema principale de La Storia Infinita, ci saremo sempre. Allora, anche se non è Chernobyl, Stranger Things a spintoni trova un posto nel nostro cuore e si siede lì con aria di sfida, perchè è un imbuto di quello che siamo stati e alcune volte ricordarci ciò che eravamo è più importante di sforzarsi di essere qualcosa di nuovo.
L’ho capito a fatica, dopo tanti colpi di mazza, ma alla fine c’è entrato nella mia testa dura, come un chiodo in un muro piantato in Luglio.
Non vuole entrare, la speranza, ti affatichi con il martello per appendere un nuovo quadro, un nuovo progetto, ma il muro non vuole saperle e poi, ti allontani di un passo, tutto sudato, mentre Stranger Things passa sullo schermo e sorridi.
Il chiodo è lì, ci appendi Niente Da Dire e torni a scrivere, sulle note del tema principale de La Storia Infinita.

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