Il doppiaggio del Re Leone: Fiamma Izzo e le polemiche dei talent
Questo mese le voci di corridoio sono autentici ruggiti.
Mi riferisco al gran parlare che si sta facendo proprio circa le voci (guarda un po’) scelte per il doppiaggio del nuovo live action di casa Disney: l’attesissimo “Il Re Leone”.
Sì perché alcuni tra i ruoli più importanti di questo film, nell’edizione italiana, sono stati affidati a dei talent. Nella fattispecie, abbiamo Marco Mengoni nel ruolo di Simba da adulto, Elisa nel ruolo di Nala, Massimo Popolizio su Scar, Stefano Fresi ed Edoardo Leo rispettivamente su Pumbaa e Timon, e Toni Garrani su Rafiki.
E qui i corridoi di internet sono stati intasati da voci. Voci entusiaste delle scelte, ma anche e soprattutto, voci furenti e preoccupate, dal momento che in passato, più di una volta i “talent” prestati al doppiaggio non hanno reso un buon servizio ai film per i quali sono stati scelti.
Ma che cosa c’è dietro al doppiaggio di un film importante come “Il Re Leone”? Quanto sappiamo davvero del lavoro che viene svolto per edizioni italiane di questo livello?
Non sono mai stato un grande amante del “fenomeno-talent”, ma ho letto e sentito di tutto: critiche che hanno parlato di “scelte arbitrarie”, di “siamo i soliti italiani”, di “ma non potevano richiamare i doppiatori del cartone animato?”…
Ed ecco che, per rispondere a queste ed altre perplessità, questo mese porto tra le nostre voci di corridoio una voce più che autorevole: quella di Fiamma Izzo.
Fiamma non è soltanto un’attrice, dialoghista, direttrice di doppiaggio e imprenditrice, nata all’interno di una delle più grandi famiglie del doppiaggio italiano: è anche una straordinaria cantante lirica che ha calcato i palchi più importanti al mondo. È una, per capirci, che all’arte dell’interpretazione ha dedicato la vita, e che è un’esperta di Disney, avendo diretto il doppiaggio dei recentissimi “Aladdin”, “Il ritorno di Mary Poppins”, “Ralph Spaccatutto” e “Ralph Spacca Intarnet”, “Frozen” e, appunto, “Il Re Leone”.
Dall’assegnazione di un film al primo turno di doppiaggio passano mesi interi di organizzazione, riunioni creative, mail con la produzione americana a tutte le ore del giorno e della notte. Niente è lasciato al caso.

Foto di Maurizio Pittiglio
«Una volta che il film viene assegnato a un direttore», ci spiega Fiamma, «si prepara una scheda con gli attori originali, indicando per ciascuno di loro se e da chi sia già stato doppiato. In questa scheda il direttore indica anche delle preferenze personali che possono ricadere al di fuori delle cosiddette “established voices” (“voci abituali”, NdA). Una volta ricevuta questa scheda, la distribuzione (in questo caso la Disney, ma vale per tutte le major), di concerto con il reparto marketing, vaglia la possibilità di utilizzare dei talent e la comunica al direttore che fa delle proposte. Se la distribuzione le approva, si procede con i provini».
Sì, perché anche i talent devono sostenere dei provini.
«Più di una volta è capitato che i provini dei talent siano stati scartati e che la distribuzione americana abbia scelto dei doppiatori di professione».
Talent o no, spesso non è facile trovare la voce giusta. Pensate che prima di scegliere Luca Ward per il ruolo di Mufasa, sono stati fatti e mandati in America venti provini di attori tra i 50 e gli 80 anni. Per non parlare di Simba e Nala da bambini: sono stati ascoltati moltissimi piccoli attori e attrici prima di scegliere Vittorio Thermes e Alice Porto, anche se, ci racconta Fiamma,
«Vittorio aveva conquistato tutti già al primissimo ascolto».
Durante la chiacchierata, Fiamma risponde anche a una delle domande che più spesso è risuonata a gran voce tra gli scontenti dei talent: perché due cantanti per Simba e Nala?
«Perché entrambi i personaggi, all’interno del film, avevano delle canzoni molto complesse da un punto di vista tecnico e interpretativo, a fronte di una parte recitata quantitativamente piuttosto contenuta. Sempre più spesso, dall’America vogliono che le parti recitate e quelle cantate siano affidate alla stessa persona, ragion per cui la Disney ha ritenuto pratico cercare i talent proprio tra i cantanti».
Fiamma aveva già lavorato con Marco Mengoni nel film “Lorax”, per cui quando è stata valutata la possibilità di coinvolgerlo, lei ha “appoggiato la mozione” con entusiasmo.
Certo però che le voci del film d’animazione erano un’altra storia… Vittorio Gassman, Tullio Solenghi, Riccardo Rossi, Laura Boccanera, Sergio Fiorentini…
«Il primo diktat arrivato dalla Disney America è stato quello di non utilizzare in nessun caso le voci del film d’animazione», spiega Fiamma. «L’unico ruolo per il quale non era stato imposto il veto era Mufasa, ma trattandosi del compianto Vittorio Gassman e non avendo ancora la possibilità di lavorare in link col Paradiso, abbiamo dovuto cercare altrove».
E di provini ne hanno fatti veramente a non finire. Sono stati provinati tutti i doppiatori che avevano già prestato la voce ai vari attori del cast, e tutti questi provini sono stati mandati in America dove è avvenuta la scelta.
A questo proposito, Fiamma ci tiene a sfatare un mito:
«Si è diffusa la leggenda metropolitana che in America scelgano in base alla somiglianza della forma d’onda sonora raffigurata sui grafici di un computer. Ecco. No. Proprio no. Voci diversissime tra loro, anche quella di un uomo e quella di una donna, potrebbero avere forme d’onda quasi identiche: scegliere con quel criterio sarebbe assurdo. Le persone preposte alla scelta dei doppiatori valutano in base a quanto trovino convincente la pasta vocale unita all’interpretazione».
Dovete sapere che, quando sosteniamo un provino su parte, noi doppiatori dobbiamo registrare un annuncio:
«Testing for [nome del personaggio], [nome del doppiatore]».
«È la prima cosa che sentono», dice Fiamma. «E più di una volta li ho visti scartare il provino senza neanche sentirlo perché l’annuncio non li convinceva. È il motivo per cui insisto sempre con i miei attori affinché “interpretino” anche l’annuncio con la voce e i modi del personaggio».
Il doppiaggio de “Il Re Leone” è andato avanti per tre intense settimane durante le quali i professionisti hanno lavorato su ben quattro versioni preliminari del film prima di completare la versione definitiva che è uscita nelle sale di tutto il mondo, e in queste settimane gli attori si sono scontrati con la difficoltà di calarsi nei ruoli di animali. Seguire un leone piuttosto che un attore umano in carne e ossa ha richiesto una concentrazione particolare: perfino attori navigati come Massimo Popolizio ed Edoardo Leo hanno detto più volte a Fiamma «Aiutami perché non so che appigli trovare». È stato un processo di immedesimazione attoriale completo. Ci sono stati anche dei vincoli molto precisi dal punto di vista del testo: Fiamma ha curato anche i dialoghi, e nel copione originale, le battute riprese alla lettera dal film d’animazione erano segnate in rosso: per quelle, la direttiva era di attenersi all’adattamento originale.
A tutte queste sfide, Marco Mengoni ed Elisa hanno risposto con grande generosità e dedizione. Mengoni si è trovato davanti alla difficoltà di dover doppiare Simba in due momenti molto specifici: il ragazzotto che vive all’insegna dell’Hakuna Matata e poi l’adulto che prende coscienza del proprio ruolo all’interno del cerchio della vita.
«Una volta capito il passaggio, Marco ha chiesto di rifare gran parte delle scene che aveva già doppiato, affrontandole alla luce della nuova consapevolezza. Lavorare con lui ed Elisa, due cantanti, è stato molto stimolante: il loro approccio era prettamente musicale. Loro sentivano delle note all’interno delle battute e riproponevano quelle stesse note in italiano. Il mio lavoro di direttrice è stato far capire loro che le note dell’inglese non sempre vanno bene per la recitazione italiana, e in quei casi occorreva trovare soluzioni che, pur discostandosi dai suoni originali, restituissero il valore emotivo delle battute».
Ma nel live action de “Il Re Leone” non ci sono solo Marco Mengoni ed Elisa.
Il ruolo di Rafiki, ad esempio, è stato affidato a Toni Garrani, attore di lungo corso che, abbiamo scoperto parlando con Fiamma, conosce molto bene lo Swahili e che quindi ha potuto interpretare anche le battute nella lingua africana presenti nel copione.
Stefano Fresi ha doppiato Pumbaa. Oltre a essere un bravissimo attore, Fresi ama molto il doppiaggio.
«Ha messo anima e corpo nel lavoro. Per lui era un sogno poter dare la voce a un personaggio disneyano. Oltretutto, è un cantante straordinario: la sua difficoltà più grande è stata stonare per rendere buffa l’esecuzione di “Hakuna Matata”».
Prima che il film esca nelle sale di tutto il mondo (e qui sfatiamo un altro mito: non è vero che si doppia solo in Italia! Ci sono almeno altri venticinque paesi in tutto il mondo nei quali i prodotti audiovisivi sono localizzati tramite il doppiaggio), viene effettuato un controllo ad opera di supervisori preposti dalla distribuzione americana, e più di una volta è capitato che, a film finito, questo o quel ruolo dovessero essere rifatti perché, in ultima istanza, il supervisore non era soddisfatto della voce scelta.
La stessa Fiamma è sempre molto critica circa il proprio lavoro.
«Vado sempre a vedere un paio di volte i film che dirigo. La prima volta da pura spettatrice, e cerco di godermeli per quello che sono. La seconda volta vado a caccia degli errori. In questo caso specifico, è stato bello perché ho dimenticato tutto: non sentivo più Marco Mengoni, Elisa, Edoardo Leo, Massimo Popolizio, Luca Ward o Emiliano Coltorti. Ognuno di loro era entrato perfettamente nel corpo dei rispettivi personaggi».
Resta una diffusa perplessità circa l’utilità effettiva di questi remake in live action di grandi classici dell’animazione: perché rifare qualcosa che non solo è stato già fatto, ma che ha segnato la storia del cinema?
«Sono approcci diversi», ci dice Fiamma. «I film originali sono dei capolavori immortali, ma hanno un linguaggio narrativo figlio della loro epoca, qualcosa con cui il pubblico dei giovanissimi di oggi potrebbe faticare a entrare in sintonia. Il senso artistico di questi live action è proprio quello di riproporre delle storie e dei personaggi così importanti in una chiave che sia più immediata per le nuove generazioni. Senza voler annullare i grandi capolavori dai quali sono tratti, ma anzi, magari invogliando i più giovani a riscoprire quelle storie».
Fiamma Izzo ci ha regalato uno spaccato molto chiaro di che cosa significhi lavorare su prodotti di questa importanza. È un lavoro del quale si sa poco o nulla ma del quale si parla sempre di più.
Il gusto personale del pubblico è e resta un valore fondamentale, su questo non ci piove, ma mettiamola così: questa nostra chiacchierata privilegiata con Fiamma non vuole spegnere le numerose voci di corridoio che circolano su “Il Re Leone” o sul doppiaggio in generale. Speriamo solo di aver reso quelle voci un po’ più informate, perché un film può piacere o non piacere, un doppiatore può piacere o non piacere, un talent può piacere o non piacere, ma lasciate che ve lo dica: molte delle critiche più feroci, certe volte, lasciano davvero senza niente da dire.
Gran bel articolo!
Ora che ho visto il film posso permettermi di esternare un paio di considerazioni: 1) alcune parti interpretate dai nuovi doppiatori di Timon e Pumba e poco apprezzate tra gli appassionati del film del 1994, come ad esempio la mancanza di accento francese nella nuova versione di “c’è un’aria di magia” cantata da Timon sono molto probabilmente dovute al fatto che lo staff che si dedicava al doppiaggio, forse anche la stessa Izzo, ha lavorato sull’audio del precedente film d’animazione Il Re Leone rimasterizzato negli anni duemila in cui per errore non venivano riportate le voci originali del ’94 di Timon e Pumba ma altre due voci (lo si nota anche in altri passaggi che non si è lavorato sulle voci originali); 2) non è stato molto apprezzata dai vecchi fan nemmeno la versione di Mengoni ed Elisa della canzone “L’amore è nell’aria stasera” a causa di alcuni eccessi di virtuosismo un po’ fini a se stessi, quasi volessero “metterci del proprio” per mostrare che hanno due belle voci, mentre sarebbe stato più apprezzato che si attenessero maggiormente alla versione originale più delicata e romantica. 3) Ward e Popolizio hanno comunque doppiato veramente molto bene e, a parte l’affetto che si prova per Gassman e a parte il fatto che Solenghi nel ruolo di Scar era perfetto e inimitabile, il vero motivo per cui Scar non è piaciuto quanto nel ’94 non è una colpa da imputare al doppiatore, ma alle scelte della Disney, tra le quali ad esempio quella sbagliata di eliminare la versione originale della Canzone “Be Prepared” (“Sarò Re” in italiano), così come sono state eliminate altre piccole scene e dialoghi che a suo tempo avevano impreziosito il film originale. 4) Al di là di tutto questo, devo ringraziare la Disney perché ho rivissuto le emozioni che ho provato da piccolo.. specialmente quando giorni sono andato ad acquistare il dvd del Film originale del ’94 con le voci, le scene e le musiche originali XD 😛