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Il destino è quel che è

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Il destino è quel che è

Certe persone pensano che il destino non esista.
Sono convinte che non ci sia un disegno prestabilito o una qualche ineluttabile fine (no Thanos non c’entra nulla) verso la quale, a dispetto delle scelte che facciamo o degli ostacoli sul nostro cammino, finiremo con l’arrivare.
Quindi, a meno di non essere un membro dei FabFour, potreste essere portati a ingrossare le fila di coloro che al Destino non ci credono.
Alcuni membri della redazione per esempio non credono al fieno: in fondo son tutte balle.
Eppure, battute di infima categoria a parte, non possiamo negare che qualche volta il sospetto di esserci sbagliati ci prenda per le spalle guardandoci negli occhi e scuotendo piano la testa.
Prendete per esempio il signor Michael Collins, di professione astronauta.

Nel mese in cui decorre il 50esimo anniversario del primo allunaggio sarebbe stato facile parlarvi di Neil Armstrong e Buzz Aldrin. Noi invece vogliamo spendere qualche parola su Collins e sul destino a cui è andato incontro. Quello di essere dimenticato.
In realtà non è che ci si sia dimenticati di lui. Al contrario noterete che è sempre più presente una sorta di rivendicazione mediatica nei suoi confronti.
Essere ricordato perché sei quello di cui tutti si dimenticano è un bizzarro paradosso, eppure terrapiattisti a parte, non è difficile accettare la sua esistenza e soprattutto quanto sia stata fondamentale la presenza di Michael Collins per la missione dell’Apollo 11.

Restando in tema di paradossi, verrebbe da pensare che Collins fosse una persona che credeva nel destino e che nello stesso tempo non ci credeva. Tutto nella sua vita e nell’impresa che ha compiuto lascia intendere che egli non fosse uno che si arrende facilmente. Dopo i primi due tentativi andati a vuoto per entrare nel corpo degli astronauti, poteva benissimo giungere alla conclusione che non era scritto. Oppure proprio perché si sentiva destinato a grandi imprese, non si è arreso e ci ha provato una terza volta.

Per le stesse ragioni l’infortunio alla schiena, da cui si riprese a tempo di record, poteva benissimo essere interpretato come un segno del… insomma avete capito. Dall’altra parte il suo hobby preferito, la pesca, sembrava averlo aiutato a maturare un’abitudine a stare da solo che tornò senz’altro utile durante il volo in solitaria intorno alla Luna. Di fatto divenne il pilota più esperto del CSM (Command Service Module) permettendo alla missione di compiere il proprio destino. Oppure, proprio grazie a questo, di infrangere le premesse di un potenziale fallimento che l’avrebbe costretto a tornare sulla terra senza i suoi compagni.

Equipaggio Apollo 11. Da sinistra: Neil Armstrong, Michael Collins, Buzz Aldrin

Non v’era alcuna garanzia che il Modulo Lunare sarebbe ripartito e che il riaggancio col Modulo di Comando sarebbe avvenuto come sperato. Persino i tecnici della NASA in quelle ore passarono più tempo sgranando rosari che pigiando bottoni.
La doppia natura della missione, successo o fallimento, era chiaramente espressa tra le pagine dei due discorsi che il Presidente Nixon teneva in mano; quello in cui elogiava gli astronauti e la NASA tutta per il successo dell’impresa e questo:

Il destino ha ordinato che gli uomini che sono andati sulla Luna per esplorare in pace resteranno sulla Luna per riposare in pace. Questi uomini coraggiosi, Neil Armstrong e Edwin Aldrin, sanno che non c’è speranza per il loro recupero, ma sanno anche che ci sono speranze per l’umanità nel loro sacrificio.

La fortuna sorride agli audaci, direbbe qualcuno. O forse i tre erano davvero destinati al successo, chi può saperlo.
Noi preferiamo pensare che la professionalità, il duro lavoro (come aviatore fece oltre 5000 ore di volo) l’autocontrollo senza precedenti e la capacità di guardare il Destino negli occhi senza vacillare, abbiano spostato di molto l’ago della bilancia.
Il destino è quel che è, o quello che scegli di sfidare.
Che Collins ci credesse o meno, poco importa.
Se volete qualcosa da ricordare, sappiate che ad oggi è ancora l’uomo ad essere stato nel punto più lontano dalla terra.

Ero solo, assolutamente solo, e completamente isolato da qualsiasi altra forma di vita conosciuta. Se si fosse fatto un conteggio, il punteggio sarebbe stato 3 miliardi più due dall’altra parte della Luna, e uno più Dio da questo lato.
– Michael Collins –

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