Queer Eye: più di un makeover
Ma se usassimo una scusa che può affascinare un ampio pubblico, come per esempio quella di un make over che va tanto di moda, e la sfruttassimo per tentare di instaurare un dialogo con un mondo che non ci accetta? Potrebbe essere una formula vincente sotto tutti i punti di vista: commerciale, culturale, sociale, emotivo.
La possibilità di affrontare faccia a faccia persone che hanno un modo di ragionare diverso dal nostro, che affrontano la vita in maniera diametralmente opposta alla nostra, è un’occasione per instaurare una connessione con un altro “mondo”.
Solitamente pensieri differenti tendono a collidere, sempre più spesso invece di parlare si passa direttamente all’insulto, alla chiusura e al diniego cieco.
Reazioni che non aiutano nessuno ma che sono spesso quasi istintive.
Queer Eye, programma di Netflix che vede un gruppo di cinque esperti alle prese con l’aiutare ogni puntata una persona diversa, cerca di fare proprio questo.
I fabulous 5 sono composti da: Antoni Porowski – enogastronomia; Tan France – moda; Karamo Brown – cultura; Bobby Berk, – design; e Jonathan Van Ness – grooming, ovvero tutto ciò che ha a che fare con la cura di barba e capelli.
Per una settimana intera si occupano di un uomo, oppure di una donna, a un punto morto della sua vita, che ha bisogno di una piccola spinta per voltare pagina e ricominciare.
Basandosi sulle preferenze e sui gusti della persona in questione i cinque si prodigano per aiutarla a trovare la sua strada, a cambiare quelle cose, nella realtà di tutti i giorni, che invece di motivare abbattono, che invece di colorare ingrigiscono.
Ascoltano, chiedono e consigliano.
C’è uno scambio di storie, si crea un ponte tra le esistenze, anche in quei casi in cui sarebbe difficile creare dei collegamenti.
Si impara a conoscere di più alcuni aspetti della comunità omosessuale, di quella afroamericana, ci si avvicina un po’ ai ferventi religiosi.
Si sfrutta l’occasione per instaurare un dialogo tra “fazioni”: il cristiano che non rifugge il gay considerandolo “sbagliato”, il democratico che si confronta con il repubblicano, il bianco con il nero.
Ci viene ricordato che non bisogna lasciarsi fermare dai pregiudizi, qualsiasi essi siano.
E capita spesso, troppo spesso, di dimenticarlo.
Così come succede che, per la frenesia del lavoro e di tutti i giorni, ci si dimentichi di prendersi cura di se stessi, di spendere cinque minuti davanti allo specchio per pettinarsi in una maniera particolare, di scegliere una camicia che ci fa risplendere piuttosto che la solita maglietta comoda e sformata.
Diciamo “Lavo i piatti fra cinque minuti” lasciandoli impilare nel lavandino, senza renderci conto che un ambiente ordinato aiuta la mente a rilassarsi e ad essere produttiva.
Che una stanza luminosa porta pensieri più costruttivi.
Tutto, alla fin fine, parte da noi.
Tutto comincia dal gestire noi stessi in modo da porter interagire al meglio con gli altri, avere una mente aperta e non trincerarsi dietro a delle idee solo per orgoglio o presa di posizione.
Nella vita si può cambiare, si può migliorare. E tutti possono insegnarci qualcosa, come noi, con la nostra storia, possiamo insegnarla ad altri.
Una metamorfosi dopo l’altra.
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