Bugs Bunny e quel vizio di travestirsi da donna

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Bugs Bunny e quel vizio di travestirsi da donna

A volte, ci basta guardare qualcosa a distanza di anni o attraverso uno sguardo diverso per notare dettagli che non ci erano mai apparsi così ben definiti. Come quel meme che impazza negli USA in cui si osserva un dettaglio in Minecraft per poi allargare lo sguardo e cogliere un quadro generale che ignoravamo. Ecco, in occasione del Pride Month, ci siamo ritrovati a indagare sul crossdressing applicato a Bugs Bunny e, davanti ai nostri occhi, si è spalancato un mondo.

Che il coniglio animato frutto del talento di geni come Tex Avery e Chuck Jones avesse sempre avuto una predilezione per l’indossare abiti femminili è quel genere di dettaglio che, da bambini, assorbivamo senza pensarci più di tanto. Osservandolo con un occhio più adulto (e, in taluni casi, più smaliziato) la frequenza con la quale Bugs adottava questo espediente nei corti animati risulta davvero interessante. La cosa buffa è come, una volta scoperchiato questo vaso di Pandora, ci si ritrovi circondati da riferimenti relativi a questo interrogativo in vasti ambiti della cultura pop. Basti pensare alla scena di “Fusi di Testa” (1992) in cui Garth domanda a Wayne se avesse mai nutrito attrazione per Bunny quando indossava abiti femminili (con conseguente negazione imbarazzata che puzzava di bugia).

Ma è possibile che un personaggio esploso negli USA degli anni ‘40 suggerisse in maniera così esplicita un tema che ancora nel 2019 è capace di innescare discussioni e polemiche? Probabilmente sì ma per motivi che acquistano un senso specifico se rapportati all’epoca in questione. Molti hanno analizzato il caso definendo Bugs Bunny un “Female Impersonator” nell’accezione legata al mondo del Vaudeville, il teatro “leggero” nato in Francia alla fine del Settecento. In quell’ambito attori che si vestivano da donne erano un elemento comune e di grandissimo successo. Si pensi a Julian Eltinge, divenuto uno degli interpreti più pagati al mondo e protagonista di spettacoli nei quali, con abiti femminili, otteneva successi incredibili. All’epoca sembrava che i Female Impersonators venissero “tollerati” solo per via della popolarità dei loro numeri mentre, al di fuori dei teatri, le voci sulla loro omosessualità si facevano striscianti e fastidiose. Lo stesso Eltinge divenne celebre per la sua attitudine a innescare violente risse con chiunque mettesse in discussione la sua mascolinità off-stage; un indicatore questo, per alcuni, della necessità di ribadire la propria sessualità al di fuori del contesto artistico.

La Hollywood degli anni 40/50 ha sovente utilizzato attori in panni femminili ma, quasi esclusivamente, per innescare un effetto comico e non per una rappresentazione alternativa delle caratteristiche dell’altro sesso come faceva Eltinge. L’attitudine di Bugs Bunny, quindi, sembra ricondotta a una mera volontà di fare ridere. Lo stesso Chuck Jones, in un’intervista rilasciata nel 1996, lo ammise senza problemi: “Il fatto è che, all’epoca, se un uomo si vestiva da donna non si parlava di travestitismo, il termine non esisteva nemmeno. […] Era una cosa divertente, punto!

Forse era davvero così. Forse l’immagine di Bugs Bunny vestito da valchiria in sella a un cavalluccio dalla criniera rosa era semplicemente ritenuto “buffo” per i motivi sopra citati. Forse l’inevitabile cambiamento di percezione degli spettatori nel corso degli anni ci mostra dettagli che prima ignoravamo. C’è, quindi, chi ritiene che il crossdressing di Bugs fosse una prima rappresentazione di una realtà che, all’epoca, viveva ancora in piccoli club e poco alla luce del sole. C’è chi, al contrario, sospetta che avesse un intento denigratorio perché, solitamente, Bunny usava abiti femminili per ingannare i poveri Taddeo o Yosemite Sam e questo sembrava veicolare stereotipi legati alla transomofobia.

Non esiste una visione univoca della questione ma esiste ciò che la nostra percezione di questo tema ci porta a vedere e considerare. Un tema che, ancora oggi, sfugge alle facili classificazioni.

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